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      Le città ricusarono, come cosa di gran pericolo il sottomettersi indifferentemente a tutti i decreti del concilio. Il Granvela negoziò con gl'ambasciatori loro assai e longamente, trattandogli anco da ostinati a ricusar quello che i prencipi avevano comprobato, aggiongendo qualche sorte di minaccie di condannargli in somma maggiore che la già pagata: perilché finalmente furono costrette di condescendere al voler di Cesare, riservata però cauzione per l'osservanza delle promesse. Onde chiamate alla presenza dell'imperatore et interrogate se si conformavano alla deliberazione de' prencipi, risposero che sarebbe stato troppo ardire il loro a voler correggere la risposta de' prencipi, e tutto insieme diedero una scrittura contenente le condizioni con che averebbono ricevuto il concilio. La scrittura fu ricevuta, ma non letta, e per nome di Cesare dal suo cancellario furono lodati che ad essempio degl'altri avessero rimesso il tutto all'imperatore e fidatisi di lui: e l'istesso imperatore fece dimostrazione d'averlo molto grato; cosí l'una e l'altra parte voleva esser ingannata.
     
     
      [Il papa preme Cesare di approvar la traslazione; Cesare insta al ritorno in Trento]
     
      Il cardinale Sfondrato non aveva mancato del debito in proporre molti vantaggi per Cesare, quando fosse condesceso a consentir il concilio in Bologna: gli mostrò confusioni in che era l'Inghilterra sotto un re fanciullo con governatori discordi e con i popoli tra loro diffidenti per causa della religione; gli scoprí l'intelligenze che il papa teneva in quel regno, che tutte sarebbono state a suo favore; propose che il papa l'averebbe aiutato a quell'impresa con numero di genti e di vaselli, che gli averebbe concesso di valersi delle rendite ecclesiastiche di tutti i Stati suoi.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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