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      Vargas ricercò che della protestazione fatta, inanzi che intendere la proposta, fosse fatto istromento; poi pregò i padri, per nome di tutta la republica cristiana, a proceder con equità, perché perseverando ostinati nel parer da loro non con intiera prudenza e maturità abbracciato, il fine non poteva riuscir se non con gran calamità publica; ma condescendendo a Cesare, tutto avverrebbe felicemente. Egli era per mostrargli quanto pernicioso error sarebbe il non mutar deliberazione e quanto la volontà di Cesare verso il servizio di Dio e publico della Chiesa era ottima. In queste parole di nuovo fu interrotto dal Monte, qual disse: "Son qua io, presidente di questo sacrosanto concilio e legato di Paolo III, successor di Pietro e vicario di Cristo in terra, insieme con questi santissimi padri, per proseguire a gloria di Dio il concilio trasferito legitimamente da Trento; e preghiamo Cesare di mutar parere e di porgerci aiuto a questo effetto, e raffrenar i perturbatori del concilio, sapendo Sua Maestà che chi mette impedimento a' sacri concilii, sia di che grado si voglia, incorre gravissime pene delle leggi, e siamo cosí disposti che, succedendo qualonque cosa, non averemo rispetto a qual si voglia minaccie, né saremo per mancar alla libertà et onore della Chiesa, del concilio e del nostro".
      Allora il Velasco legette la protesta che aveva scritta in mano, la somma della quale era: che essendo la religione sbattuta, i costumi corrotti e la Germania separata dalla Chiesa, l'imperatore aveva dimandato il concilio a Leone, Adriano, Clemente et in fine a Paolo III, e narrati gl'impedimenti e difficoltà nell'adunarlo, toccò le cose trattate nel concilio, soggiongendo che in quel mentre l'imperatore fece la guerra principalmente per causa della religione e quietò la Germania con la virtú sua, con grandissima speranza che al concilio andassero quelli che sino allora l'avevano ricusato; ma che allora essi reverendissimi legati, contra l'espettazione di tutti, senza la saputa del papa, fatta nascere e finta una causa leggierissima, proposero a' padri la traslazione del concilio senza dargli tempo di pensare; al che essendosi opposti alcuni santi vescovi, protestando di volere restar in Trento, essi col solo consenso de' pochi italiani decretarono la traslazione, et il dí seguente partirono e se n'andarono in Bologna.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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