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      Mitigava bene il suo dolore, perché l'ambasciatore aveva eccesso i termini del mandato cesareo, nel quale ha commandato a' suoi procuratori a Bologna che protestino a' legati, et a lui che, in presenza del pontefice e de' cardinali, protestasse contra il concilio di Bologna, ma non contra il pontefice. Che Cesare aveva fatto l'officio di modesto prencipe, conoscendo che il pontefice è unico e legitimo giudice nella causa della traslazione, la qual causa quando ricusasse di conoscere, allora averebbe luogo la protesta contra di lui; e però era piú conveniente che i padri remasti in Trento, e avevano causa di querela contra quei di Bologna, ne instituissero giudicio inanzi a lui; ma l'ambasciatore aveva pervertito l'ordine, tralasciando la petizione che doveva fare, e ricercando un indebito pregiudicio contra il concilio; onde cadendo da sé l'atto della protestazione, non sarebbe bisogno dar risposta. Nondimeno, per sincerar la mente di tutti, voleva anco aggiongere: e prima, per quello che tassa lui da negligente e loda Cesare per sollecito, disse non voler detraere alla buona mente et azzioni dell'imperatore, ben precederlo, sí come in età, cosí in diligenza; mostrò che aveva sempre desiderato il concilio e con effetti mostrato il desiderio: e qui discorse tutte le azzioni fatte a questo fine e gli impedimenti attraversati da altri e qualche volta anco da Cesare con diverse guerre. Soggionse che, se le cause della traslazione siano legitime o no, si riservava giudicarlo: ma ben diceva che il lodar i rimasti in Trento era lodar gl'alienati dal corpo della Chiesa; non ricusare, né mai aver ricusato che si ritorni a Trento, purché si faccia legitimamente e senza offesa delle altre nazioni; che il voler reputar Trento solo atto a celebrar il concilio era far ingiuria allo Spirito Santo, che in ogni luogo è adorato et è presente; né si deve aver risguardo che la Germania ha bisogno della medicina; poiché per quella raggione bisognerebbe far anco un concilio generale in Inghilterra et altrove: non si piglia il commodo di quelli per chi si fanno le leggi, ma di quelli che le hanno a fare, che sono i vescovi.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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