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      Quei di Trento non si mossero, cosí volendo Cesare per mantenervi il segno di concilio e tener in speranza i catolici di Germania et in officio i protestanti, et acciò non restasse caduca la promessa fatta da loro di sottomettersi al concilio di Trento, per non esser quello in essistenza.
      Il pontefice fece passar a notizia de' prelati rimasti in Trento la risposta data al Mendozza, et aspettò 15 giorni se da lui o da loro fosse fatta qualche apertura che lo facesse giudice, come aveva dissegnato. Ma vedendo che niente succedeva, scrisse un breve al cardinal Pacceco et agl'arcivescovi e vescovi restati in Trento a similitudine d'una citazione; nel quale, dopo aver detto le cause che lo mossero a intimar il concilio, e gl'impedimenti e dilazioni occorsi nel congregarlo, e l'allegrezza che ebbe vedendolo principiato, la qual s'aumentò per il felice progresso, mettendolo in speranza che in breve dovesse esser proveduto a tutti i mali della Chiesa, soggionse che altretanta molestia riceveva da' contrarii incontri: onde quando intese la partita de' suoi legati e della maggior parte de' vescovi da Trento, essendo rimasti essi nel medesimo luogo, sentí dispiacere come di causa che poteva tirar indietro il progresso del concilio e dar scandalo alla Chiesa; le qual cose essendo cosí ben note a loro come a lui, si maravigliava perché se la traslazione del concilio era parsa loro giusta, non fossero andati in compagnia de gl'altri, se ingiusta, perché non avevano fatto querela a lui: esser cosa chiara, e loro non poterla ignorare, ch'erano in obligo dell'uno o dell'altro di questi doi: de' quali qual si voglia che fosse abbracciato, averebbe levato le occasioni di scandalo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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