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      In questi capi sono da' 130 precetti cosí giusti e pieni d'equità, che se alcuno dicesse non essere mai uscita inanzi quel tempo una formula di riformazione piú essatta e meno interessata, senza cavilli e trappole per pigliar gl'incauti, non potrebbe facilmente esser redarguito; se quella fosse stata da' soli prelati constituita, non sarebbe dispiacciuta a Roma, eccetto in doi luoghi, dove autoriza il concilio basileense, in alcuni altri dove mette mano nelle dispense et essenzioni pontificie et in altre cose riservate al papa. Ma perché per l'autorità imperiale fu stabilita, parve piú insopportabile che il fatto dell'Interim, essendo una massima fondamentale della corte romana che i secolari, di qual si voglia degnità e bontà di vita, non possino dar legge alcuna al clero, eziandio per buon fine. Non potendo però altro fare, sopportarono quella tirannide (cosí dicevano) alla quale per allora non si potevano opponere.
      Pochi giorni dopo ordinò anco Cesare che le sinodi diocesane fossero tenute a san Martino e le provinciali inanzi quaresima. E perché i prelati desideravano che il pontefice s'accommodasse a consentire almeno a quei capi che parevano non esser in diminuzione dell'autorità pontificia, s'offerí loro l'imperatore per scrittura data sotto 18 di luglio di usar ogni diligenza con Sua Santità acciò si contentasse di non mancar del suo officio. Fu stampata questa riformazione in molti luoghi catolici di Germania, et anco l'istesso anno in Milano da Innocenzio Ciconiaria.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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