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      Considerava il travaglio grande sostenuto da Paolo per 26 mesi per questa causa, e le indegnità che gli convenne sopportare, e la deteriorazione della autorità ponteficia, non tanto in Germania, ma in Italia ancora; e che se a Paolo, fermato nel ponteficato tanti anni e stimato da tutti, fu causa di diminuzione, tanto piú sarebbe a lui nuovo pontefice, non avendo ancora fatte le intelligenze et aderenze necessarie per pigliar impresa di contrastare; se a lui avvenisse una protestazione adosso overo un decreto come l'Interim, sarebbe la sua autorità vilipesa da tutti. Che non occorreva metter in conto l'opera da sé fatta nel trasferir il concilio e la costanza nel difender la traslazione, perché con la mutazione della fortuna ha mutato anco tutto 'l conseguente a quella, e le azzioni di Giovanni Maria di Monte cardinale non pertenere a Giulio papa, e quelle cose che davano riputazione a quello, non esser per darla a questo: allora conveniva operar come operò, per mostrarsi fedele servitore del patrone, ora essendo senza patrone, cessar afatto il rispetto di mostrar costanza in ben servire et esserne successo un altro che ricerca prudenza in accommodarsi. Considerava quanto avesse dello specioso la richiesta di Cesare, poiché si trattava di ridur la Germania: quanto scandalo averebbe dato il non udirla? Le cause che incitavano a far il concilio esser in aperto e note a tutti; quelle che dissuadevano esser in occolto e note a pochissimi. Finalmente il giuramento dato e repetito dover esser stimato: e se ben obligava a proseguir il concilio senza prescrizzione di luogo, era però certo che contra il voler di Cesare, imperatore, re di Spagna e di Napoli, prencipe de' Paesi Bassi e con altre aderenze in Italia, era impossibile far concilio generale, tanto che l'istesso era negar di rimetterlo in Trento, come non voler proseguirlo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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