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      Il proseguirlo aver doi modi: uno continuandolo in Bologna, l'altro rimettendolo in Trento; il continuarlo in Bologna non si poteva fare, avendo Paolo avvocato a sé la cognizione della traslazione et inibito il proceder piú oltre; se Sua Santità non sentenziava prima che la traslazione fosse stata valida, non si poteva caminar inanzi in quella città: il che, quando avesse voluto fare, averebbe dato legitimo pretesto d'esser allegato per sospetto, essendo noto che fu opera sua, come di primo legato e presidente. Perilché restava solo l'altra via di rimetterlo in Trento, e che si levava anco l'occasione alla Germania di recalcitrare e si sodisfaceva l'imperatore, che era punto assai essenziale. Questo conseglio, portato al papa, fu da lui approvato, onde si passò al rimanente.
      E prima fu concluso che era necessario aver il consenso et assistenza del re di Francia e l'intervento de' prelati del suo regno, senza le quali cose sarebbe molto debole la reputazione del concilio e s'incorrerebbe il pericolo di perder la Francia, che si ha, per acquistare la Germania perduta, e, secondo l'apologo, lasciar cader il corpo per acquistar l'ombra. Pareva difficile poter indurvi quel re e levargli i sospetti, celebrandosi in luogo soggetto a Cesare e vicino alle sue armi. Ma essaminando che sospetti potessero esser questi, altro non si trovò se non che il concilio non deliberasse qualche cosa pregiudiciale al governo di quel regno, o contra i privilegii di quella corona, o contra l'immunità della Chiesa gallicana; di che, quando fosse assicurato, non si poteva dubitare che per l'obligo ereditario di protegere e favorire la Sede apostolica, non fosse per assistere e mandare i prelati suoi.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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