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      A' catolici dispiacque per il duro modo et intrattabile, a' protestanti per le cose dette. Queste erano: partener a lui non solo congregar, ma indrizzar anco e governar i concilii; che avesse risoluto di continuare e proseguire le cose incomminciate, il che levava il reessaminar le già trattate; che fuor di luogo e senza occasione dicesse la Germania aver riconosciuto i pontefici per vicarii di Cristo; che si avesse dichiarato presidente del concilio e che non chiamasse se non ecclesiastici che gli ubedivano, e confermasse con tanta ampiezza di parole affettatamente la bolla della convocazione di Paolo. Dicevano i protestanti che vanamente si farebbe il concilio con quei fondamenti; che il sottomettersi a quelli era far contra Dio e contra la conscienza. I catolici dicevano che quando non vi era speranza di ridur i protestanti, vanamente si pigliava la fatica e la spesa. Cesare temperò l'ardire d'ambedue le parti con dire che il concilio era generale di tutte le nazioni cristiane, che ubedendo tutte l'altre al pontefice, egli aveva formato la convocazione, come conveniva a quelle; che per quanto s'aspetta alla Germania, rimettessero il tutto alla cura sua, che sapeva come trattare; lasciassero convenire le altre nazioni, che egli sarebbe andato personalmente, se non là, almeno in luogo prossimo, et averebbe operato non con parole, ma con fatti, che le cose passassero per i debiti termini; non avessero risguardo a quello che il papa diceva, ma a quella che egli prometteva sopra la parola imperiale e regia.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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