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      Ma di tanto non si contentavano, allegando il concilio di Costanza aver decretato, et in fatto anco esseguito, che il concilio non sia obligato per salvocondotto dato per qual si voglia, onde ricercavano uno della medesima sinodo, quale da Cesare gli era stato promesso e dato carico ad essi ambasciatori d'ottenerlo dalla sinodo. Al che avendo il legato dato risposta con molte parole di complimento, ma rimessosi alla sessione che si farebbe, e questo per aver tempo di darne conto a Roma, soggionse il conte per la medesima causa non gli parer opportuno che inanzi la loro venuta si trattassero le materie controverse dell'eucaristia; che non mancavano le cose della riforma da trattare overo altre in quali non vi fosse differenza. Rispose il legato che già era deliberato di trattare dell'eucaristia, né s'averebbe potuto far altro, essendo per inanzi concluso che del pari andassero in ogni sessione i decreti della fede e della riforma, e la materia dell'eucaristia seguire necessariamente dopo quella della confermazione, che ultima fu trattata, prima che andar a Bologna; ma però quella era piú tosto controversa co' svizzeri zuingliani che co' protestanti, che non erano sacramentarii come quelli. Saltò il conte alla communione del calice e mostrò che, quando fosse deciso quel punto contra loro, da tutto il popolo inteso e dove fa maggior insistenza, era impossibile trattar piú di ridurgli. Che anco Cesare nel decreto dell'interreligione fu costretto accommodarsi in questo; però essi ancora volessero differirlo alla venuta de' protestanti.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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