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      In questo caritatevole officio di procurar sodisfazzione all'offeso e perdono all'offensore si essercitò sempre la Chiesa primitiva. Et in consequenza di questo san Paolo ordinò che i fratelli, avendo liti civili l'un contra l'altro, non andassero a' tribunali degl'infedeli, ma fossero constituite savie persone che giudicassero le differenze, e questo fu una specie di giudicio civile, sí come quell'altro piú similitudine ha col criminale; ma intanto differenti da' giudicii mondani che, sí come questi hanno l'essecuzione per la potestà del giudice che costringe a sottoporsi, cosí quelli per la sola volontà del reo a ricevergli, quale non volendo egli prestare, il giudice ecclesiastico resta senza essecuzione, né altra forza ha se non che è pregiudicio del divino, che seguirà, secondo l'omnipotente beneplacito, o in questa vita o nella futura.
      E veramente il giudicio ecclesiastico meritava il nome di carità, poiché quella sola induceva il reo a sottoporsi e la Chiesa a giudicarlo con tanta sincerità del giudice et obedienza dell'errante, che né in quello poteva aver luogo cattivo affetto, né querimonia in questo, e l'eccesso della carità nel castigar faceva sentir maggior pena al correttore; sí che nella Chiesa non si passava all'imposizione della pena senza gran pianto della moltitudine e maggiore de piú principali; il che fu causa che il castigare allora si chiamasse piangere. Cosí san Paolo reprendendo i corinzii di non aver castigato l'incestuoso disse: "Voi non avete pianto per separar da voi un tal trasgressore"; e nell'altra epistola: "Temo che, ritornato a voi, non sii per trovarvi quali vi desidero, ma in contenzioni e tumulti, e che venuto io non pianga molti di quelli che inanzi hanno peccato". Il giudicio della Chiesa (come è necessario in ogni moltitudine) conveniva che fosse condotto da uno che preseda e guidi l'azzione, proponga le materie e raccolga i partiti per deliberare.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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