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      Ma se le pretensioni del clero fossero tra questi termini fermate, lo stato delle republiche cristiane sarebbe tolerabile. I popoli e prencipi, quando si vedessero arrivar a termini insopportabili, potrebbono con leggi et ordinazioni ridur i giudicii a forma comportabile, come negl'antichi tempi al bisogno si è fatto. Ma chi ha messo il cristianismo sotto il giogo, gli ha in fine levato il modo di scuoterlo dal collo: imperoché dopo il 1050, essendo già fatte proprie del foro episcopale tutte le cause de' chierici e tante de' laici con titolo di spiritualità, e participate quasi tutte le altre sotto nome di misto foro, e sopra postosi a' magistrati secolari con pretesto di denegata giustizia, si passò a dire che quella potestà di giudicare estesa a tante cause non l'aveva il vescovo, né per concessione de' prencipi, né per connivenza loro, o per volontà de' popoli, o per consuetudine introdotto, ma che era essenziale alla degnità episcopale e datagli da Cristo.
      E con tutto che rimangano le leggi delli imperatori ne' codici di Teodosio e di Giustiniano, ne' capitolari di Carlo Magno e Ludovico Pio, et altre de' prencipi posteriori orientali et occidentali, che tutte apertamente mostrano come, quando e da chi tal potestà è stata concessa, e tutte le istorie, cosí ecclesiastiche, come mondane, concordino in narrare le medesime concessioni e le consuetudini introdotte, aggiongendovi le raggioni e cause, nondimeno una cosí notoria verità non è stata di tanto poter che la sola affermazione contraria, senza prova alcuna, non abbia superato et i dottori canonisti non l'abbino sostenuta sino al predicar per eretici quelli che non sopportano esser trattati da ciechi; non fermandosi manco in questi termini, ma aggiongendo che né il magistrato, né il prencipe medesimo può in alcune di quelle cause, che il clero s'ha appropriato, intromettersi, perché sono spirituali e delle cose spirituali i laici sono incapaci.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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