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      E quantonque alle volte la contrizione si congionga con la carità e reconcili l'uomo a Dio inanzi che ricevuto il sacramento, nondimeno non se gli può ascriver questa virtú senza il proposito di riceverlo. Ma l'attrizione, che nasce o per la bruttezza del peccato o per il timor della pena con speranza di perdono non è ipocrisia, ma dono di Dio, dal quale il penitente aiutato s'incamina a ricever la giustizia, e se ben quella non può senza sacramento condur alla giustificazione, dispone nondimeno ad impetrar la grazia da Dio nel sacramento della penitenza. Dalle qual cose la Chiesa ha sempre inteso che Cristo abbia instituito la confessione intiera de' peccati come necessaria per legge divina a' caduti dopo il battesmo; perché, avendo instituito i sacerdoti suoi vicarii giudici di tutti i peccati mortali, certa cosa è che non possono essercitar il giudicio senza cognizione della causa, né servar l'equità nell'imponere le pene, se i peccati non gli sono manifestati singolarmente e non in genere; perilché il penitente nella confessione debbe narrar tutti i peccati mortali, eziandio occultissimi, poiché i veniali, se ben si possono confessare, si possono anco tacer senza colpa. Ma di qua anco nasce che è necessario d'esplicar in confessione le circonstanze che mutano specie, non potendosi altramente giudicar la gravezza degli eccessi et imponer condegna pena; onde è cosa empia dire che questa sorte di confessione sia impossibile o che sia una carnificina della conscienza perché non si ricerca altro se non che il peccatore, dopo aversi diligentemente essaminato, confessi quello che si raccorda, poiché i smenticati s'intendono inclusi nella medesima confessione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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