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      se ben Cristo non ha proibito la publica confessione, non l'ha però commandata, né sarebbe utile il commandare che i peccati, massime secreti, si confessassero in publico; onde avendo i padri sempre lodato la confessione sacramentale secreta, viene ributtata la vana calonnia di quelli che la chiamano invenzione umana, escogitata dal concilio lateranense, il quale non ordinò la confessione, ma ben che quella fosse esseguita almeno una volta all'anno. Ma quanto al ministro, dicchiara la sinodo esser false quelle dottrine che estendono a tutti i fedeli il ministerio delle chiavi e l'autorità data da Cristo di ligare e sciogliere, rimettere e ritenere i peccati publici con la correzzione et i secreti per confessione spontanea, et insegna che i sacerdoti, ancorché peccatori, hanno l'autorità di rimetter i peccati, la qual non è un nudo ministerio di dicchiarar che i peccati sono rimessi, ma un atto giudiciale; perilché nissun debbe fondarsi sopra la sua fede, riputando che senza contrizione e senza il sacerdote, che abbia animo d'assolverlo, possi aver la remissione. Ma perché la sentenza è nulla pronunciata contra chi non è suddito, è nulla anco l'assoluzione del sacerdote che non abbia autorità delegata o ordinaria sopra i penitenti; et anco i maggiori sacerdoti raggionevolmente riservano a sé alcuni delitti piú gravi e meritamente lo fa il papa, e non è da dubitare che i vescovi non lo possino fare, ciascuno nella sua diocesi. E questa riserva non è per sola polizia esterna, ma è di vigore anco inanzi a Dio.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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