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      Rimesse per questa opposizione l'animo l'imperatore e rimandò il figlio in Spagna, non sperando di poter ottener mai consenso da Massimiliano. Ma poi successa la guerra (della quale s'è detto), costretto ad accettar l'accordo, deposta la speranza della successione del figlio, depose insieme il pensiero di restituir la religione antica in Germania: et in consequenza non ebbe piú alcun pensiero al concilio, quantonque restasse molti anni in governo. Né la corte pensò a restituirlo, poiché nissuno gliene faceva instanza. Ma ben in quel tempo occorsero diversi accidenti, quali, se ben pareva che preparassero perpetuità alla sospensione, nondimeno nell'accolto della providenza superiore somministravano altre cause per la terza ridozzione, quali il filo dell'istoria ricerca che non si passino sotto silenzio, servendo molto la cognizione delle cause a ben penetrare gl'effetti che successero dopo che il concilio fu reassonto.
     
     
      [Vana pompa di ubedienza renduta al papa da un patriarca d'Oriente]
     
      Vedendo il pontefice che per l'alienazione della Germania la riputazione della sua Sede si diminuiva appresso a' popoli della sua obedienza, immitando Eugenio IV, che sostentò la riputazione che gli levava il concilio di Basilea con un'apparenza de' greci et un'ombra d'armeni, et il fresco essempio di Paolo III suo precessore, il quale nel tempo che bollivano le contenzioni tra lui e l'imperatore per la traslazione del concilio a Bologna, che gli davano molto carico appresso a' popoli, con molte ceremonie ricevette un certo Stefano con nome di patriarca dell'Armenia Maggiore, con un arcivescovo e 2 vescovi venuti a riconoscerlo per vicario di Cristo, universale maestro della Chiesa, e rendergli obedienza, con questi essempii Giulio, con molta solennità publica, ricevette un certo Simon Sultakam, eletto patriarca de tutti i popoli che sono tra l'Eufrate e l'India, e mandato da quelle chiese per esser confermato dal papa, successore di Pietro e vicario di Cristo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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