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      Il papa in Roma armò i cittadini et abitatori, distribuendogli sotto i capi de' rioni, che cosí chiamano, e gli rassegnò in numero di 5000, per la maggior parte artigiani e forestieri; fece fortificar molte delle sue terre e vi pose soldati dentro, sollecitò che gli andassero 3000 guasconi, che il re di Francia inviava per mare, mentre si preparava l'essercito reale per passare in Italia, acciò il pontefice potesse sostenersi.
     
     
      [Il duca d'Alva apre la guerra]
     
      In questi maneggi e preparazioni di guerra il pontefice ebbe di molti sospetti, per quali serrò in Castello assai cardinali e baroni et altri personaggi. Impreggionò anco Garcillasso di Vega, ambasciatore del re d'Inghilterra, cioè del re Filippo, e Giovanni Antonio Tassis, maestro de le poste imperiali. Et al duca d'Alva, che mandò a protestargli del tener in Roma i fuorusciti del regno, dell'aver posto mano e ritener in carcere senza raggione le persone publiche, e d'aver aperto lettere del re e fattogli altri oltraggi (ché questi accidenti erano avvenuti), soggiongendo che il re, per conservazione della propria riputazione e della raggione delle genti, non poteva restar, quando Sua Santità avesse perseverato in azioni cosí offensive, di propulsar l'ingiuria; il papa rimandò risposta che era prencipe libero et a tutti gl'altri superiore, non obligato a render conto ad alcuno, ma con potestà di dimandar conto ad ogni prencipe; che aveva potuto trattener e veder le lettere di qual si voglia, avendo indicii che fossero a danno della Chiesa; che se Garcillasso avesse fatto l'officio dell'ambasciatore, non gli sarebbe avvenuto cosa sinistra; ma avendo tenuto mano a trattati, mosse sedizioni, machinato contra il principe a cui era mandato, aveva mal operato come privato, e come tale voleva punirlo; che egli, per qual si voglia pericolo, non mancherebbe mai alla degnità della Chiesa et alla difesa di quella Sede, rimettendo tutto a Dio, dal quale era posto guardiano del gregge di Cristo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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