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      Il nuovo legato, persona di gran bontà, ebbe i concetti medesimi, e se ben assonse il nome di legato, per non irritar il papa, non essercitò però mai il carico in nove mesi che visse dopo avuta la croce della legazione, anzi si portò con la stessa riverenza verso il Polo come per inanzi.
      Ma il duca di Ghisa, passato in Italia, mosse le armi in Piemonte et era d'animo di fermar la guerra in Lombardia e divertir in quel modo le armi prese contra il papa. Ma non glielo permise l'ardor grande del pontefice ch'il regno di Napoli fosse assalito. Da' francesi erano le difficoltà conosciute, et il duca di Ghisa co' principali capitani andò in poste a Roma per far intender al papa quello che le buone raggioni di guerra portavano; in presenza del quale posto il tutto in consultazione, non lasciando la risoluzione del papa luogo a prender altra deliberazione, fu necessario sodisfarlo, né altro si fece che assaltar Civitella, luogo posto al primo ingresso della provincia d'Abruzzo, dove l'essercito ebbe la repulsa, con grave querela di Ghisa che i Caraffi avessero mancato delle provisioni promesse e necessarie. In somma le armi ecclesiastiche, cosí proprie, come ausiliari, furono poco da Dio favorite. Ma nel mezo d'agosto, accostando l'essercito del duca d'Alva sempre piú a Roma, non temendo del francese che in Abbruzzo era trattenuto, et intesa dal papa la presa di Signia con sacco e morte di molti, et il pericolo in che era il Pagliano, riferí il tutto in concistoro con molte lacrime, soggiongendo che aspettava intrepidamente il martirio, maravigliandosi i cardinali con quanta libertà depingesse a loro, conscii della verità, quella causa come di Cristo, e non profana et ambiziosa, quale egli diceva esser il principal nervo et arcano del pontificato.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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