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      Perilché esser nulla la resignazione di Carlo, e la total autorità di proveder d'imperatore esser divoluta a lui, e fu risoluto di non riconoscer il re de' Romani per imperatore.
      Ma Ferdinando, se ben conscio di ciò, destinò Martino Gusmanno suo ambasciatore per dargli conto della renoncia del fratello e dell'assonzione sua, per testificargli la riverenza, promettendogli obedienza e significandogli che averebbe mandato ambasciaria solenne per trattar la coronazione. Il papa ricusò ascoltarlo e rimesse a' cardinali di discuter la materia; i quali, cosí volendo e disponendo lui, riferirono che l'ambasciatore non si poteva admetter se prima non constava che la resignazione di Carlo fosse legitima e che Ferdinando fosse giuridicamente successo. Perché, se ben egli fu eletto re de' Romani, e l'elezzione confermata da Clemente per succeder morto l'imperatore, esser necessario che l'Imperio restasse vacante per morte. Oltre di ciò, tutti gli atti di Francforto esser nulli, come fatti da eretici che hanno perduto ogni autorità e potestà; onde bisognava che Ferdinando mandasse un procuratore e rinonciasse tutte le cose fatte in quella dieta, e supplicasse il papa che per grazia convalidasse la renoncia di Carlo et assumesse Ferdinando all'Imperio per virtú della sua piena potestà, dal quale poteva sperar benigna grazia paternale. Secondo questo conseglio deliberò il papa, e fece intender al Gusmanno, dandogli tempo tre mesi per esseguir questo, oltra i quali era risoluto non voler sentirne piú parlare, ma dover crear esso un imperatore, né fu possibile rimoverlo, se ben il re Filippo, per favorir il zio, mandò Francesco Vargas espresso, e dopo lui Giovanni Figaroa per pregarlo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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