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      E per corrisponder alle parole con effetti, ricercò il pontefice che mandasse in Francia un legato con facoltà di congregar i vescovi del regno per trovar modo di assettar le cose della religione.
      Aveva il pontefice gettata la proposta di far guerra a Geneva, non tanto per l'odio di quella città, come seminario di onde uscivano i predicatori zuingliani per Francia, né per timore di qualche nuovità in Italia, quanto anco per allongar la trattazione di concilio generale; perché, se la guerra fosse accesa, sarebbe qualche anno durata e tra tanto s'averebbe posto in silenzio overo trovato buona forma al concilio. Ora vedendo che la proposta non aveva fatto presa e che tuttavia i francesi perseveravano nella deliberazione del concilio nazionale, pensò che fosse necessario non differire la risoluzione del generale, e fermar li francesi con questo e con qualche concessione di quello che ricchiedevano: ne conferí co' cardinali piú intimi, particolarmente intorno al luogo, cosa che sopra il tutto pareva importare, producendo in fine il concilio effetti, secondo la mente di quello che è il piú forte nel luogo dove si celebra. Volontieri averebbe proposta Bologna o altra delle sue terre, con offerir d'andarvi in persona, ma in questo non si fermò, ben vedendo che sarebbe dal mondo interpretato troppo in sinistro. Città alcuna de là da' monti era risoluto non accettare, né manco ascoltarne la proposta. Il cardinale Pacceco gli nominò Milano, et egli condescese; con questo però, che avesse il castello in mano mentre il concilio si celebrava, che era un rimettersi a condizione impossibile.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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