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      Soggionse credere che ci anderebbono in persona de' prencipi d'Alemagna, che il marchese di Brandeburg ci anderà certo.
      L'ambasciator Vargas fece una longhissima risposta, introducendo narrazione delle cose fatte ne' concilii passati; discorse del modo di celebrar i concilii, poi discese al luogo e parlò delle cose fatte in Trento, dove egli si trovò: distinse i concilii generali da' nazionali, dannando assai l'intimato in Francia. Quello di Portogallo lodò l'instituto del pontefice et offerí l'ubedienza del suo re. Il veneto disse che per l'eresie ne' tempi passati non s'era trovato meglior rimedio che de' concilii, che ringraziava Dio dell'aver inspirato Sua Santità a cosí pia opera, che era per conservazione della vera religione e per beneficio de' prencipi, quali non potevano goder pacificamente li Stati in mutazione di religione. L'ambasciator di Fiorenza parlò in conformità, offerendo lo Stato e le forze di quel duca. Scrisse il pontefice a noncii in Germania, Francia e Spagna in conformità di quanto aveva parlato con gl'ambasciatori. Non però mai parlava di concilio senza gettar qualche seme di erba contraria, che potesse overo impedir il nascimento, o, dopo nato, suffocarlo; essendo molto ben certo che, quando le congionture avessero portato che la vita di quello gli fosse tornata in servizio in potestà sua sarebbe stato estirpar il sopra seminato. Si lasciò intender a parte co' stessi ambasciatori, con chi piú chiaramente e con chi motteggiando, che volendo far il concilio con frutto, era necessario pensar piú al fine che al principio, et all'essecuzione che alla convocazione, né prosecuzione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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