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      Giovanni Angelo, avvocato nel parlamento di Bordeos, parlò per il terzo stato: molte cose disse contra costumi corrotti e la disciplina degl'ecclesiastici; notò in loro l'ignoranzia, avarizia e lusso come cause di tutti i mali, e sopra questi discorse assai; et in fine dimandò che al tutto si rimediasse con una presta celebrazione di concilio. Per la nobiltà, Giacomo conte di Roccaforte tra le altre cose disse tutto 'l male esser nato per le immense donazioni che i re et altri grandi hanno fatto alle chiese, e massime con attribuirgli anco giurisdizzioni, cosa molto inconveniente che chi debbe attender alle orazioni e predicazioni esserciti ius nella vita e nelle fortune de' sudditi del re; che a questi inconvenienti era necessario rimediare. Et in fine porse una supplica, dimandando per nome della nobiltà che fosse lecito aver publiche chiese per essercizio della religione. Per il clero parlò Giovanni Quintino Borgognone. Disse che i stati si congregano per proveder alle necessità del regno, non per emendar la Chiesa, che non può fallare, che è senza macchia e ruga, et eternamente resterà incorrotta, se ben la disciplina in qualche particella ha bisogno di riforma. Però non doversi ascoltar quelli che, rinovando le sette sepolte, dimandano chiese separate da' catolici, ma dovergli punir per eretici et esser cosa giusta che il re non gl'ascolti, ma costringa tutti i suoi sudditi a credere viver secondo la forma prescritta dalla Chiesa; che non sia concesso ritorno a quelli che sono usciti del regno per causa di religione; che si procedi con pena capitale contra gl'infetti d'eresia; che la disciplina ecclesiastica sarà facilmente riformata, se siano levate le decime al clero e restituita l'elezzione a' capitoli, essendo stato osservato che nel medesimo anno 1517, quando fu per il concordato data nominazione delle prelature al re, incomminciarono anco le eresie di Lutero, che fu poi seguito da Zuinglio et altri.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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