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      Non restò per questi rispetti il re, a fine di promover il negozio della religione, di scriver nel medesimo tempo una lettera a' prelati del regno che si dovessero preparare per incaminarsi al concilio e trovarvisi al tempo della convocazione, della qual lettera mandò anco copia a Roma.
     
     
      [Il re di Francia vuole la bolla riformata]
     
      Fu avisato il pontefice dal suo noncio che da gl'officii del cardinale di Lorena veniva il motivo del re contra la bolla, perché mostrava il concilio dover esser una continuazione, et udita l'esposizione dell'ambasciatore, rispose maravigliarsi che il re, il quale si tiene di non riconoscere superiore, s'assoggettisca alla discrezione d'un altro prencipe, a cui non tocca impedirsi in tal affari, ma rapportarsi al vicario di Cristo, al quale appartiene la moderazione di tutto quello che concerne la religione; e che la bolla fatta da lui era approvata da tutti gl'altri e non aveva alcun bisogno di riformazione, et egli era risoluto che restasse cosí fatta come era. Che quanto al nominare nella bolla il re di Francia, egli non ci aveva pensato, et i cardinali, a' quali egli aveva dato il carico di farla, avevano creduto bastare che fosse nominato l'imperatore e tutti i re in generale; altrimenti sarebbe stato bisogno, nominandone uno, nominargli tutti; che egli non aveva avuto cura, salvo che del sostanziale della bolla, lasciando il sopra piú a' cardinali. Questa risposta non satisfacendo a' francesi, a' quali pareva che la loro preminenza non dovesse esser passata con termini generali, cosí per la loro grandezza, come per i meriti verso la Sede apostolica, in fine il papa gli contentò, dicendo che non sempre si può aver l'occhio a tutte le cose, ma che per l'avvenire sarebbe diligente in avvertire che non fosse fatto alcun errore, non facendo però gran capital di quel regno, vedendo che, senza alcun rispetto della autorità sua, metteva mano nelle cose proprie a lui, nel dar perdono agl'eretici e metter regole nelle cose ecclesiastiche, eziandio a lui riservate: imperoché ne' stati, che abbiamo detto esser adunati in Orliens il mese di genaro, era statuito che i vescovi fossero eletti dal clero con intervento de' iusdicenti regii, da 12 nobili e 12 del popolo, e che non fossero mandati piú danari a Roma per conto delle annate; che tutti i vescovi e curati risedessero personalmente sotto pena di perder i frutti de' beneficii; che in ogni catedrale si riservasse una prebenda per un lettore di teologia et un'altra per un precettore de' putti; che tutti gl'abbati, abbadesse, priori, prioresse fossero soggetti a' vescovi, non ostante qualonque essenzione; che non si potesse essiger cosa alcuna per ministerio de' sacramenti, sepulture, o altre fonzioni spirituali; che i prelati non possino usar censure, se non per delitti e scandali publici; che i religiosi non possino far professione, i maschi prima di 25 anni, le femine prima de' 20, et inanzi quel tempo possino disponer de' beni loro a favore di chi gli parerà, eccetto che del monasterio; che gl'ecclesiastici non possino ricever testamenti o disposizioni di ultima volontà, dove alcuna cosa gli sia lasciata o donata; et altre cose ancora furono ordinate per maggior riforma delle chiese e persone ecclesiastiche; le quali ordinazioni, se bene non furono publicate allora, il noncio le mandò al pontefice; et a quei che regevano la Francia bastò aver dato quella sodisfazzione apparente all'universale che ricchiedeva riforma, non curando alcuno di vederla esseguita.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
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