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      A' 25, giorno di san Marco, in congregazione generale furono ricevuti gl'ambasciatori di Venezia. Letto il mandato dell'11 dell'istesso mese e fatta un'orazione da Nicolò da Ponte, uno degl'ambasciatori, fu risposto in forma.
     
     
      [Divisione delle parocchie]
     
      In quei pochi giorni, i piú prudenti tra i prelati, considerato quanto si diminuirebbe la riputazione del concilio e di ciascuno d'essi quando non si fermassero i moti eccitati, cercavano d'acquietare gl'animi commossi con mostrar loro che, quando non proseguissero le azzioni conciliari senza tumulto, oltra lo scandalo che si darebbe, la vergogna che s'incorrerebbe, per necessità anco seguiria la dissoluzione del concilio senza frutto; li qual ufficii ebbero luogo, sí che nelle congregazioni si trattò quietamente gl'altri 6 articoli, sopra quali non fu molto che dire. Per il quinto la provisione fu giudicata necessaria: sopra il modo qualche difficoltà nacque, imperoché la divisione delle parochie già da' principio da' popoli fu constituita, quando un numero de abitanti, ricevuta la vera fede, per aver l'essercizio della religione, fabricato un tempio e condotto un sacerdote, constituivano una chiesa, che dall'adunazione de' circonabitanti chiamavasi parochia, e crescendo il numero, per la lontananza delle abitazioni, se la chiesa et il paroco non bastava, ritiratisi i lontani e fabricatone un'altra, s'accommodavano meglio. Alle qual cose per buon ordine e concordia s'introdusse in progresso di aggionger anco il consenso episcopale.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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