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      In questa disposizione d'animo arrivò Lanciano a Roma: presentò tra le altre cose al pontefice una lettera sottoscritta da piú di 30 vescovi, di quelli che tenevano la residenza, nella quale si dolevano del disgusto di Sua Santità e protestavano di non intender che la loro openione fosse contra l'autorità ponteficia, la qual si dechiaravano voler difender contra tutti e mantenerla inviolata in ogni parte; le qual lettere fecero una mirabil disposizione nell'animo del pontefice a ricever gratamente quelle de' legati, di Mantova, Seripando e varmiense, et ascoltar la relazione dell'arcivescovo, il quale gli diede minuto conto di tutte le cose passate e gli levò gran parte della sospezzione. Poi passò a scusar i cardinali e mostrar al pontefice che, non potendo preveder dover nascer inconveniente alcuno, avevano scoperto l'openione che in conscienza tenevano, e dopo nate le contenzioni, senza loro colpa, né mancamento, la loro aderenza a quel parer era riuscita con onor di Sua Santità e della corte, perché cosí non si poteva dire né che Sua Santità, né che tutta la corte fosse contraria ad un'openione stimata dal mondo pia e necessaria; il che era ben riuscito, perché cosí hanno acquistato e credito et auttorità appresso i prelati e hanno potuto moderar l'empito d'alcuni, che altrimenti sarebbe nata qualche gran divisione con notabile danno della Chiesa. Gli narrò li frequenti et efficaci ufficii fatti da loro per quietar i prelati, e gl'affronti anco ricevuti da chi gli rispondeva di non poter tacere contra conscienza; narrò li pericoli e necessità che constrinse Mantova alla promessa; gli soggionse che, per levar ogni sospizzione dell'animo di Sua Santità, la maggior parte de' prelati s'offeriva nella prossima sessione decchiararlo capo della Chiesa et avevano dato a lui carico di fargliene ambasciata, che per molti rispetti non giudicavano da esser messa in scritto; e gliene nominò tanti che fece maravegliare il papa e dire che male lingue e peggior penne gl'avevano depinto quei padri d'altre qualità. Gli mostrò poi la unione e fermezza de' ministri de' prencipi a mantener il concilio e la disposizione de' prelati a sopportar ogni cosa per continuarlo, che non poteva nascer occasione di dissolverlo; che la trattazione della residenza era cosí inanzi et i padri interessati per la conscienza e per l'onore e gl'ambasciatori per la riputazione, che non bisognava trattar di negargli che si definisse.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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