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      Gli diede conto e copia delle ricchieste degl'ambasciatori imperiali, gli mostrò come tutte miravano a sottopor il papa al concilio; gli raccontò con quanta prudenza e destrezza il cardinale di Mantova aveva declinato il proporle in congregazione. Concluse che non essendovi rimedio per fare che le cose passate non siano, la sapienza di Sua Santità potendo attribuir molto al caso, se ancora qualche accidente fosse occorso, non per malizia, ma per poca avvertenza d'alcuno, con la benignità sua l'indurrebbe a perdonare il passato e dar ordine per l'avvenire, essendo tutti pronti a non propor, né trattar cosa, se non prima consegliata e deliberata da Sua Santità.
      Il papa, pensata e consegliata ben la rimostranza, reispedí l'arcivescovo in diligenza, l'accompagnò con lettere a' legati et alcuni altri de' sottoscritti a quelli che gli portò, e gli diede commissione di dire per suo nome a tutti che egli vuol il concilio libero, che ogni uno parli secondo la propria conscienza, che si decreti secondo la verità, che non s'è alterato, né ha preso dispiacere perché i voti siano dati piú ad un modo che all'altro, ma per le prattiche e tentativi a persuader e violentar altri, e per le contenzioni et acerbità nate tra loro, le qual cose non sono degne d'un concilio generale; però che non s'oppone alla determinazione della residenza, ben conseglia che lascino il fervore che li porta, e quando gl'animi saranno addolciti e mireranno al solo servizio divino e beneficio della Chiesa, si potrà trattar la materia con frutto.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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