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      Alcuni ancora non sapendo che già la petizione fosse stata al pontefice presentata e da lui, per iscaricarsi e portar in lungo, rimessa al concilio, interpretavano in sinistro che in quel tempo fosse fatta tal ricchiesta alla sinodo e non al papa, sospettando che fosse a fine d'allargar ogni concessione che si facesse con interpretazioni aliene, onde s'inducesse nuova necessità di concilio.
      Ma quei che sentivano potersi condescender alle ricchieste dell'imperatore e tanti altri prencipi e popoli, consegliavano a proceder con minor rigore e non dare cosí sinistre interpretazioni alle pie preghiere de' infermi fratelli, ma seguir il precetto di san Paolo di trasformarsi ne' difetti degl'imperfetti per guadagnargli, e non aver mire mondane di riputazione, ma governarsi con le regole della carità: che calpestando tutte le altre, eziandio quelle della prudenza e sapienza umana, compatisce e cede ad ogni uno. Dicevano non vedersi raggione considerabile data dagl'altri, se non che i luterani direbbono averla vinta, che la Chiesa ha fallato, e passerrebbono a piú alte dimande; ma ingannarsi chi crede con la negativa fargli tacere; già hanno detto che s'abbia commesso errore; diranno dopo che sopra il fallo s'aggionga l'ostinazione e dove si tratta di ordinazioni umane, non esser cosa nuova, né meno indecente alla Chiesa la mutazione. Chi non sa che la medesima cosa non può convenire a tutti i tempi? Sono innumerabili li riti ecclesiastici introdotti et aboliti, e non è contra il decoro d'un concilio l'aver creduto utile un rito, che l'evento ha mostrato inutile; il persuadersi che da questa dimanda si debbi passar ad altre, esser cosa da persone sospettose e troppo vantaggiose: la semplicità e carità cristiana, dice san Paolo, non pensa male, crede ogni cosa, sopporta tutto, spera bene.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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