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      E se alcun dubitasse che li prencipi secolari non fossero a pieno informati di questa causa come ecclesiastica, non doveva restar di prestar fede intiera al vescovo di Cinquechiese et agl'altri due vescovi ongari che erano in concilio. E perché alcun aveva detto doversi ben immitare il padre che ricevette il figliuol prodigo, però con aspettar prima che venisse a penitenza, disse che piú tosto conveniva immitar il pastor evangelico, che andò cercando per luoghi deserti et aspri con grandissima sollecitudine la pecora smarrita e presala in collo, la riportò all'ovile. Il parlar di questo prelato, per la fama di gran bontà et eccellente dottrina, e piú per esser portughese, che ogn'uno averebbe pensato dover esser rigorosissimo in mantener li riti usati, non solo confermò quelli che erano di suo parere, ma fece titubar assai molti de' contrarii.
      Il vescovo d'Osimo, che parlò dopo di lui, disse: "Dubito che ci bisognerà bever questo calice in ogni modo, ma faccia Dio che sia con buon successo". Giovan Battista Osio, vescovo di Riete, sostenne che non si dovesse conceder questo uso, perché la Chiesa non è stata mai solita in alcun tempo conceder minima cosa secondo le posizioni degl'eretici, anzi sempre constituir il contrario. Mostrò per quello che era seguito ne' boemi, quali sempre erano stati piú ribelli, che non conveniva promettersi niente della conversione degl'eretici, ma tener certo di dover esser ingannati da loro; che bisognava far capace l'imperatore che la dimanda non era utile per li suoi stati.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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