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      Il cardinale varmiense gli mostrò quanto era difficile e pericoloso proponer decreto, e che per venir al fine, lo consegliava contentarsi della lettera: al che non acquetandosi, in fine risolsero far un decreto da legger nella sessione; in quello egli voleva fosse detto che, avendo la sinodo conosciuto esser ispediente conceder l'uso del calice, rimetteva al sommo pontefice a chi e con che condizioni concederlo. Da' legati gli fu mostrato che molti della parte remissiva erano di quell'opinione per non esser certi se fosse ispediente, li quali tutti sarebbono stati contrarii al decreto; e che non si poteva spontare questo passo di far dicchiarar la concessione per ispediente, anzi anco tenendo questo, era ben lasciar, con l'interposizione d'una settimana, intepidir tanto fervore. Il Cinquechiese s'acquetò e fu proposto, differito il capo del calice, attendere a stabilire il decreto del sacrificio, per insinuarsi con quello ad introdur proposta della communione. S'attraversò varmiense, il qual persuaso da' giesuiti Lainez, Salmeron e Torres proponeva una altra forma di decreto del sacrificio in materia dell'oblazione di Cristo nella cena, e fu cosa difficile farlo desistere; finalmente, dopo esser stati quasi fuori di speranza d'esser in ordine per far la sessione al tempo destinato, nella congregazione de' 7 fu stabilito il decreto del sacrificio, essendo stato ricevuto dalla maggior parte, se ben Granata fece ogni opera per interpor impedimenti et allongamenti.
     
     
      [Articoli di riforma proposti]


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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