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      Furono anco, et allora e per qualche giorni dopo, tenuti raggionamenti per il punto deciso che Cristo offerisse se stesso nella cena, dicendo alcuni che per il numero di 23 contradittori non era legitimamente deciso, e rispondendo altri che un ottavo non si poteva dir parte notabile. Erano anco alcuni che sostentarono la massima aver luogo solo negl'anatematismi e nella sostanza della dottrina, non in ogni clausula che sia posta per maggior espressione, come questa, della quale ne' canoni non si parla.
      Gl'ambasciatori imperiali furono molto allegri per il decreto del calice, tenendo per fermo che l'imperator l'ottenerebbe dal pontefice con maggior facilità e con piú favorevoli condizioni che non si sarebbe impetrato in concilio, dove, per la varietà delle openioni et interessi, è difficile ridur tanti in un parere, se ben buono e necessario: la maggior parte vince la megliore e chi s'oppone ha sempre maggior avantaggio che chi promove. E tanto piú speravano, quanto il papa aveva fatto ufficio favorevole alla loro petizione. Ma l'imperatore non ebbe l'istesso senso, non mirando egli ad ottener la communione del calice assolutamente, ma a quietare li popoli de' Stati proprii e di Germania, che mal inclinati verso l'autorità ponteficia per le cose passate, erano preoccupati a non ricever in ben cosa che di là venisse; dove che, avendo la concessione dal concilio, con quella sodisfazzione e con la speranza d'ottener altre ricchieste da loro stimate giuste, fermato il moto in qual erano e licenziati i ministri infetti, sperava di tenergli nella communione catolica.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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