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      Onde il dí 16 del mese d'aprile Morone si partí. Egli diceva d'esser mandato solo per giustificar la buona intenzione del pontefice, perché il concilio facesse progresso e si venisse ad una intiera riformazione della Chiesa, senza alcuna eccezzione. Ma si sapevano però le altre commissioni, che tendevano a fine di levar il pensiero a quella Maestà d'andar a Trento e renderla capace che la sua andata porterebbe molti impedimenti alla riforma, e scusar il pontefice che non potesse andar personalmente al concilio, e per pregarla ad accelerarne il fine, proponendogli la traslazione a Bologna, dove potrebbe Sua Maestà col pontefice intervenire, che sarebbe il modo unico, et in un congresso tanto celebre ricever la corona dell'Imperio, favore che non è memoria esser stato fatto ad altri imperatori. Aveva anco carico di pregarlo a conservar l'autorità della Sede apostolica contra tante machinazioni che si facevano per diminuirla, anzi per annichilarla, e che la riforma della corte romana non si facesse in Trento, ma dal pontefice medesimo; che non si trattasse di riveder piú le cose determinate sotto Paolo e Giulio nel medesimo concilio; Sua Maestà si contentasse che li decreti del concilio si facessero a sola proposizione de' legati, avendo però essi dato prima parte et avuto consenso dagl'ambasciatori di Sua Maestà e degl'altri prencipi. Aveva ancora il cardinal carico di dar speranza alla Maestà Sua che gl'averebbe concesso a parte tutto quello che avesse dimandato per i suoi popoli, e di levargli d'animo l'intelligenza col re di Francia in questa materia del concilio, mostrandogli che, sí come non era il medesimo stato di cose nel regno di Francia et in Germania, cosí li fini di Sua Maestà e di quel re dovevano esser diversi e li consegli differenti.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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