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      Dopo il che, gl'ambasciatori francesi essi ancora protestarono che, se essi sedessero in altro luogo che primi dopo l'imperatore et inanzi agl'oratori degl'altri re, dove erano seduti li maggiori loro sempre, et ultimamente nel concilio di Costanza e lateranense, e se il nuovo luogo nel qual sedeva l'ambasciator della Maestà catolica, fuori dell'ordine degl'ambasciatori, potesse portar qualche pregiudicio a loro o agl'altri oratori, li padri del concilio, rapresentanti la Chiesa universale, per debito dell'officio loro, gli ridurrebbono all'ordine antico, overo gli farebbono l'ammonizione evangelica; ma tacendo essi padri, né dicendo altro gl'oratori della Maestà cesarea, che hanno l'interesse commune con essi di Francia, sedendo vicini a loro, e conservando l'antica possessione al loro re, e confidati nella fede et affinità, che il re Catolico tiene col Cristianissimo, non dimandavano altra cosa, se non che li padri del concilio dovessero dicchiarare che il fatto del conte non potesse far alcun pregiudicio all'antichissima prerogativa e perpetua possessione di Sua Maestà cristianissima, e tutto questo registrarlo negl'atti.
      Fu fatta l'orazione per nome del conte dal teologo Pietro Fontidonio; il qual in sostanza disse che, instando il fine del concilio, la Maestà catolica aveva mandato quell'ambasciatore per offerirsi apparecchiato a far per il concilio quello che fece Marziano imperatore nel calcedonense, cioè sostener e defender la verità dicchiarata dalla sinodo e rafrenar li tumulti, e condur a felice fine quel concilio, che Carlo V imperatore suo padre ha protetto nella sua nascenza e nel suo progresso, per causa del quale ha fatto guerre difficilissime e pericolosissime, et il quale anco Ferdinando imperatore, suo zio, sostenta.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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