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      In queste perplessità li legati altro non sapevano che fare se non goder il beneficio del tempo et aspettar che si facesse qualche apertura per venir al fine, al quale non si vedeva come poter giongere.
      Un'altra nova trattazione fu incomminciata intorno la riforma de' cardinali, imperoché il pontefice, intendendo che per tutte le corti di questo si parlava e che in Trento gl'ambasciatori di Francia, Spagna e Portogallo erano concertati di dimandarlo al concilio, scrisse a' legati dimandando conseglio se era ben trattarla a Roma o in Trento; e questo medesimo lo propose in consistoro, ordinando anco una congregazione sopra di questo, e particolarmente per trovar modo come ovviare che i prencipi non s'intromettessero nel conclavi nell'elezzione del papa. E per proceder con ogni avvertimento in negozio di tanto momento, mandò a Trento molti capi di riforma cavati da' concilii, con ordine a' legati di communicargli co' prelati principali e scriver il parer loro. I cardinali di Lorena e Madruccio risposero di non voler dire il proprio parer senza saper prima la mente del pontefice, dopo il che sarebbe anco stato bisogno pensarvi molto bene; et in particolare quel di Lorena disse esservi molte cose stimate degne di correzione, che egli però non riputava potersi riprender, et altre che in parte si potevano biasmare, ma non assolutamente. Discese al particolar d'aver vescovati, dicendo non esser alcun inconveniente che un cardinale prete tenesse un vescovato, ma che non gli pareva bene che fosse vescovo un cardinale diacono, e per questa causa egli aveva consegliato il cardinale suo fratello a lasciar l'arcivescovato di Sans.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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