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      L'arcivescovo di Praga, come primo di quella congregazione, per difesa propria e de' colleghi, fece querela co' legati, ricercando che facessero dimostrazione e protestando di non intervenire in atto publico sin che la congregazione non avesse la debita sodisfazzione. Il cardinale Morone s'interpose e conciliò concordia con queste condizioni: che della fede fatta non se ne dasse altra copia, che Lerida dasse sodisfazzione di parole alla congregazione et in particolare a Praga, e che si mettesse da ambe le parti il fatto in silenzio. Et il conte di Luna con preghiere, a' quali non si poteva repugnare, ebbe in mano dall'agente di Toledo la fede et in questa maniera fu sedato il romore.
     
     
      [I legati propongono agli ambasciatori articoli di riforma]
     
      Diedero li legati fuori agl'ambasciatori li capi di riforma, i quali erano in numero 38 (che furono poi divisi, una parte nella sessione immediate seguente et il rimanente nell'altra, per le raggioni che si diranno), acciò mettessero in considerazione quello che pareva loro, prima che fossero dati a' padri per parlarne sopra. Il conte di Luna andò pratticando gli altri ambasciatori a dimandar che fossero eletti deputati per ciascuna nazione, li quali considerassero sopra che s'avesse a riformare: imperoché la modula data da' legati, come fatta secondo gl'interessi romani, non si poteva accommodar agl'altri paesi; in che il cardinale di Lorena, gl'ambasciatori francesi e quel di Portogallo contradissero, allegando che poteva ciascuno dir il parer suo sopra li capi proposti e proporne altri, occorrendo, onde non faceva bisogno dar questo disgusto al pontefice et a' legati, che non potevano sentir a parlar di nazioni in concilio; al qual parer accostandosi anco gl'imperiali, il conte si ritirò, dicendo però che sopra le proposte aveva da far diverse considerazioni.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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