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      All'ufficio fatto dagl'ambasciatori fu risposto che esso vescovo di Praga, uno di loro, che era capo della congregazione, poteva saper se se n'era parlato, il che, se non era, la Maestà dell'imperatore poteva riposare sopra l'ambasciatore suo, il qual anco in tutte le cose concernenti li rispetti di Sua Maestà sarebbe favorito e da loro e dal pontefice.
      Il dí 7 l'ambasciatore spagnuolo presentò la sua scrittura, nella quale diceva restar sodisfattissimo di tutti li capi e non esser per dimandar cosa alcuna, ma solo raccordar la mutazione di qualche parole, o acciò che siano meglio decchiarate, o perché gli paiono superflue e non necessarie. E toccò quasi tutte le cose che accrescevano l'autorità a' vescovi, moderando le parole in maniera che pareva la mutazione non esser sustanziale, ma che in fatti piú tosto la restringesse che aummentasse; fece anco instanza che si trattasse del conclavi, dicendo che il re Catolico lo desiderava assai. Ricercò ancora che fosse differita ad una altra sessione quella parte che tocca li prencipi secolari; e dopo essibita la scrittura, ricercò che, finito che fosse da dir i voti sopra i capi proposti da' legati, volessero deputar per nazione padri che raccogliessero quello che paresse loro necessario per la riforma delle loro regioni, acciò potesse esser terminato con universal sodisfazzione. Rispose Morone per nome di tutti che non potevano consentir di proceder in altra maniera che come sin allora nelle altre materie s'era fatto; sopra di che, essendo dall'una e l'altra parte molte cose dette, dal conte, accennando che il concilio fosse in servitú, e dal cardinal in dimostrar la libertà, soggionse Morone che nissun poteva dolersi di loro che gli fosse stata impedita la libertà del dire; e l'altro replicò che non poteva credere esser stata da loro fatta nissuna cosa indegna, ma né meno poteva lasciar star di dirgli che nel concilio era mormorato assai delle congregazioni particolari fatte li giorni inanzi e s'era presupposto che fossero fatte per cattar li voti; dal che difendendosi essi con dire esser loro officio nelle diversità d'openioni intender la verità et accommodar le differenze, acciò le materie trattate si statuiscano con unione, soggionse il conte che molto bene, ma esser stati chiamati tutti italiani, fuorché doi o tre spagnuoli et altretanti francesi, che non sentivano con gl'altri delle loro nazioni.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
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