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      Però si venne a temperamento di tener ferme le riservazioni, ma far patroni li vescovi di dar le cure a chi loro piacesse, col pretesto d'essamine: et a questo fine fu formato il diciottesimo capo con l'isquisito artificio che ognun vede, il qual con speciosa maniera fa il vescovo arbitro di dar il beneficio a chi gli piace e non leva niente de' guadagni alla corte. L'altro capo era delle essenzioni, nella qual materia molte sodisfazzioni avevano ricevuto li vescovi per il passato, e nondimeno fu anco aggionto l'undecimo capo per total complemento. Restavano le essenzioni degl'ordini regolari, et erano venuti li vescovi in speranza di poterle afatto levare o almeno moderar in tal maniera che gli restassero in gran parte soggetti.
      Già sino nel principio dell'anno fu eretta una congregazione sopra la riforma de' regolari, la qual, con l'intervento de' generali e conseglio d'altre persone religiose esistenti in concilio, avevano fatto gran progresso e stabilito buoni decreti senza nissuna contradizzione, perché, quanto al di fuori et alle cose apparenti, li medesimi regolari non l'aborrivano, ma la desideravano. Quanto al di dentro e che occorre ne' monasterii, erano molto ben certi che l'averebbono interpretato e pratticato come a loro fusse piaciuto, anzi avevano per cosa utile d'aver in scritto riforma ristrettissima, come tutte le loro regole sono altro in scritto di quello che in osservazione. Ma quando s'incomminciò a parlar di moderare le essenzioni e sottoporgli almeno in parte a' vescovi, s'ammutinarono tutt'insieme li generali co' teologi degl'ordini e fecero capo con gl'ambasciatori de' prencipi, mostrando loro di quanto servizio fossero a' popoli, alle città et al publico governo, offerendosi, se in loro vi era abuso di qual si voglia sorte, che si rimediasse; che si contentavano d'ogni riforma e che, ritornati a' loro governi, erano per esseguirla piú severa di quello che fosse ordinato, ma che sottopor li monasterii agl'ordinarii era un disformargli, perché quelli, non intelligenti della vita regolare e della severità della disciplina con che si mantiene, averebbono disordinato ogni cosa.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561