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      Fece un'orazione l'ambasciatore, scusando il suo gran maestro d'aver tanto differito di mandar a Trento per li romori dell'armata de' turchi [e] per le incommodità che ricevevano per Dragut corsaro, essortò li padri a porger rimedio a' mali presenti, li quali non toccavano anco poco li frati della sua religione, che non erano membri oziosi della republica cristiana. Essortò all'estirpazione delle eresie, offerendo che il gran maestro e la società loro averebbono preso il patrocinio e difesa, spendendo non solo le facoltà, ma la vita et il sangue. Narrò l'origine della religione sua, principiata per 40 anni inanzi che Goffredo passasse all'acquisto della Terra santa, le opere eroiche fatte da' loro maggiori, alle quali non potevano corrisponder al presente per esser stati spogliati di gran parte delle loro terre e possessioni; che essi sono l'antemurale di Sicilia e dell'Italia contra li barbari; perilché pregava li padri di raccordarsi dell'antichità, nobiltà, meriti e pericoli di quella società et operare che gli fossero restituite le possessioni e commende usurpategli, e che dal concilio si decretasse che all'avvenire non fossero conferite ad altri che a quelli del loro ordine, confermando l'immunità e privilegii di quello. Gli fu risposto dal promotore per nome della sinodo, ricevendo l'escusazione e promettendo d'aver quella considerazione che meritava la dimanda sua intorno al conservare le commende e privilegii di quella religione. Ma quantonque, ne' giorni seguenti, appresso li legati facesse la medesima instanza piú volte et essi ne facessero relazione al pontefice, egli altro mai rispose se non ch'a lui toccava far la provisione e l'averebbe fatta al suo tempo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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