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      Nel capo terzo fu qualche difficoltà intorno la visitazione degl'arcivescovi. Questi, allegando li canoni e consuetudini antiche che li soffraganei giuravano obedienza a' metropolitani et erano pienamente soggetti alla visitazione, correzzione e governo di quelli, non acconsentivano che fosse fatto pregiudicio a quell'autorità, e tra questi grandemente si riscaldava il patriarca di Venezia. I vescovi, particolarmente quelli del regno di Napoli, per il contrario s'affaticavano a conservar la consuetudine introdotta, per quale non sono differenti d'autorità, ma di solo nome: ma l'esser il numero de' vescovi grande e degl'arcivescovi picciolo, et il favore che li legati e ponteficii facevano a quelli, acciò gl'arcivescovi con la soggezzione de' soffraganei non acquistassero autorità e riputazione, de' quali potessero valersi per non star tanto soggetti alla corte quanto sono, fu causa che non potero ottener se non una sola parola di sodisfazzione, che gli fu data, non proibendogli di visitare, quando fosse con causa approvata dal concilio provinciale; di che si dolevano con dire che era afatto un niente, perché essendo nel concilio provinciale un arcivescovo con molti vescovi, si poteva aver per chiaro che l'occasione non sarebbe mai nata.
      Il sesto capo era sopra le essenzioni de' capitoli delle catedrali dall'autorità episcopale, nel quale, avendo grand'interesse li vescovi spagnuoli et a loro contemplazione il conte di Luna, furono fatte molte restrizzioni et ampliazioni, ma non però tali che quei prelati restassero contenti, se ben piú volte fu mutato et in fine anco tralasciato e portato all'altra sessione, come si dirà.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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