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      Soggionse il re che, se li padri con queste persuasioni non si retireranno, essi ambasciatori debbino opponersi virilmente e, fatta l'opposizione, senza aspettar il loro giudicio o rimettersi alla loro discrezione, dovessero partirsi e retirarsi a Venezia, facendo intender a' prelati francesi che debbino continuare nel concilio, adoperandosi al servizio di Dio, essendo certo che, dove vederanno esser posto in deliberazione alcuna cosa contra le raggioni, prerogative e privilegii del re e della Chiesa gallicana, non mancheranno d'assentarsi come Sua Maestà vuol et intende che facciano. Scrisse anco al cardinale di Lorena nel medesimo tenore, come ordinava si parlasse agl'altri prelati, cioè che con la sua presenza non dovesse approvar alcuna cosa trattata in concilio contra le raggioni regie, ma assentarsi, se vederà che li padri escano fuori delle cose appartenenti al loro carico, rimettendosi nel soprapiú all'instruzzione che mandava agli ambasciatori.
      Li francesi, ricevute queste lettere e communicato il tutto col cardinale di Lorena, col conseglio suo, ne diedero anco parte a legati, e fecero passarne voce per il concilio, acciò che, inteso questo, desistessero li vescovi dal dimandar riforma de' prencipi et essi non avessero occasione di far l'opposizione e venir a protesti. Ma la cosa partorí contrario effetto, perché li vescovi, i quali stavano alquanto quieti con l'espettazione che, fatta sessione, si sarebbe proposta la riforma de' prencipi, intendendo questo di nuovo e vedendo che si mirava a metterla in silenzio, si diedero a trattar tra loro di non voler passar piú inanzi negl'atti conciliari, se non era dato fuori e messo in deliberazione insieme con gl'altri anco quel capo che de' prencipi trattava.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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