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      Il cardinale lo levò di questa deliberazione con mostrargli che quella non era una medicina da guarir il male, ma da differirlo con maggior pericolo, perché fra poco tempo averebbe nuove dimande di restituirlo e macchinazioni di qualonque non fosse ben sodisfatto di lui; e che il sospenderlo anco era piú difficile che finirlo, perché di questo non faceva bisogno addur cause: bastava metter ben le cose a segno et intendersi et esseguire; che la sospensione ricercava allegazione di causa, sopra la quale ognun averebbe detto la sua; che era anco piú onorevole finire che sospendere, et altre raggioni usò, che fece conoscer al papa il conseglio esser buono e fedele, et appresso lo consegliò a parlar apertamente col re di Spagna.
      Perilché, chiamati a sé gl'ambasciatori di quel re, si querelò con parole gravissime, dicendo aver congregato il concilio sotto speranza e promessa del re che le cose del ponteficato sarebbono favorite da Sua Maestà, alla quale anco aveva dato tutte le sodisfazzioni imaginabili et era per dargli delle altre, secondo le sue ricchieste, quando fossero levati gl'impedimenti che portava l'esser aperto il concilio; che egli non aveva dimandata altra grazia a Sua Maestà et a' ministri se non il fine di quello, per servizio di Dio e ben commune, et in ciò era trattato molto male, senza che vi fosse alcun beneficio, anzi molto danno del re. Però era costretto tener conto di chi faceva stima di lui e gettarsi nelle braccia di chi voleva aiutarlo. Spedí anco al re un corriero con lettera di sua mano, facendo querela degl'ufficii che facevano l'ambasciator et altri suoi a Trento, contrarii a ministri regii di Roma, dicendo l'una e l'altra parte far la commissione di Sua Maestà; gli mostrò che compliva per servizio di Dio, della Sede apostolica e della Maestà Sua che quel concilio si finisse, et in fine lo ricercò d'aperta decchiarazione se in questo era per coadiuvarlo o no.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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