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      2 Che sia lecito a' cristiani d'aver piú mogli insieme, e questo non esser proibito da alcuna legge divina.
      3 Che li soli gradi di consanguinità et affinità espressi nel Levitico possono annullar il matrimonio, e che la Chiesa non possi aggiongerne altri, né dispensar in alcuni di quelli.
      4 Che la Chiesa non possi statuir impedimenti o aver fallato nel statuirne.
      5 Che uno de' coniugati possi scioglier il matrimonio per l'eresia, per molesta conversazione, o volontaria assenza dell'altro.
      6 Che non si sciolga il legitimo matrimonio non consummato per la solenne professione religiosa.
      7 Che la Chiesa abbia fallato insegnando che per l'adulterio non può esser disciolto il legame matrimoniale.
      8 Che la Chiesa commetti errore separando li maritati a tempo terminato o indeterminato quanto alla congionzione carnale o quanto all'abitar insieme.
      9 Che li chierici di ordine sacro o li professi regolari possino contraer matrimonio, e che tutti che non sentono il dono della castità, possino maritarsi, essendo che Dio non nega il dono a chi glielo dimanda.
      10 Chi anteponerà lo stato congiugale a quello della virginità o castità.
      11 Che la proibizione delle solennità nuzziali in certi tempi dell'anno sia superstizione o dannerà le benedizzioni et altre ceremonie.
      12 Che le cause matrimoniali non pertenghino a' giudici ecclesiastici.
      Li decreti della riforma del matrimonio contenevano:
      1 Che quantonque sia cosa certa che li matrimoni secreti sono stati veri e legitimi mentre la Chiesa non gl'ha annullati, e che la sinodo anatematiza chi non gl'ha per tali, insieme con quelli che asseriscono li matrimoni contratti da' figliuoli di famiglia senza il consenso de' padri esser nulli, e che li padri possono approvargli e reprovargli, nondimeno la Chiesa santa gl'ha sempre proibiti e detestati; e perché le proibizioni non giovano, la sinodo commanda che il matrimonio, inanzi sia contratto, sia denonciato nella chiesa 3 giorni di festa, e non scopertosi alcun impedimento, si celebri in faccia della chiesa, dove il paroco, interrogati l'uomo e la donna, udito il loro consenso, dica: "Io vi congiongo in matrimonio in nome del Padre, Figlio e dello Spirito Santo", [o] usi altre parole consuete in quella provincia.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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