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      Il cardinal di Lorena scrisse in Venezia in diligenza all'ambasciatore Ferrier che, essendo accommodato il capo de' prencipi, dovesse tornar a Trento: il qual rispose di non poterlo fare, se non aveva particolar commissione di Francia, poiché per le lettere de' 9 il re aveva scritto a lui et anco ad esso cardinale che, quando il decreto fosse stato acconcio et egli avisato, averebbe rimandato l'ambasciatore; perilché a lui era necessario aspettar ordine di Sua Maestà. Ma tuttavia scrisse al re che non aveva stimato a bene per il suo servizio tornarci, perché le raggioni regie e libertà della Chiesa gallicana erano violate ancora in altri decreti publicati in quella sessione.
     
     
      [Deputati a formare decreti del purgatorio et altri conceputi sommariamente]
     
      Ridotta la riforma a buon termine, fu data cura al cardinale varmiense con 8 prelati di formar il decreto di purgatorio, invocazione, venerazione, reliquie et imagini de' santi, e quantonque avessero tutti questi fine di non metter in campo cose di difficoltà, non erano concordi. Volevano alcuni d'essi far menzione del luoco e del fuoco, come nel concilio fiorentino. Altri dicevano che non essendo questa senza difficoltà, né essendo cosa riuscibile il trovar parole d'esprimerlo che diano sodisfazzione a tutti, meglio era non dir altro se non che le buone opere de' fedeli giovano a' morti per remissione delle pene. L'arcivescovo di Lanciano raccordò che, trattandosi della messa, s'era fatta menzione che quel sacrificio è offerito per li defonti in Cristo non intieramente purgati; per le qual parole la dottrina del purgatorio era assai definita, onde non occorreva altro fare se non ordinare a' vescovi che la facessero predicare e levare gl'abusi, avendo anco cura che non si manchi de' suffragii debiti per li defunti; et in questa sentenzia fu formato il decreto.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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