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      In fine, poiché s'attendeva a dar sodisfazzione a tutti, deliberarono di sodisfar anco li generali e non innovar niente in questa parte.
      Oltre li 22 capi, un altro vi era, nel quale si concedeva a' provinciali, generali e capi degl'ordini di poter scacciar fuori dell'ordine e privar dell'abito gl'incorrigibili; contra il quale Giovanni Antonio Facchinetto, vescovo di Nicastro, s'oppose acremente, con dire che la professione e l'atto d'admetter a quella sono un contratto scambievole e come un matrimonio, per quale il monasterio è obligato al professo et il professo al monasterio; e sí come questo non poteva partire, cosí quello non poteva scacciarlo, e che con quel decreto s'averebbe fatto sí che tutte le città sarebbono piene di frati espulsi con scandalo grave del secolo. In contrario l'arcivescovo di Rosano diceva non essere la relazione che tra il marito e moglie, ma quella che tra padre e figlio, et al figlio non esser mai lecito rifutar il padre, ma il padre poter emancipar il figlio, massime disobediente, et esser minor male veder nelle città frati espulsi che ne' monasteri incorrigibili. I generali non erano tutti d'un parere: li perpetui sentivano l'espulsione, li temporali volevano che fosse proibita. Ma secondo il costume della moltitudine quando delibera, inclinò la maggior parte a lasciar le cose nello stato che erano, e non decretare né per l'una né per l'altra parte. Ma in quella consulta fu spesse volte e da molti replicato che il popolo riceveva gran scandalo, vedendo uno portar l'abito da religioso piú anni e poi farsi secolare.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Giovanni Antonio Facchinetto Nicastro Rosano