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      È necessario, prima ch'uscire di questa materia, aggiunger anco, che alcuni altri, i quali non hanno ardito dire una così grande assordità, com'il Baronio hà fatto, hanno però inciampato in un altra poco minore, concedendo ch'il Prencipe possa prohibir libri, come sediziosi, dishonesti, overo famosi, mà aggiongendo, che la prohibizione dev'esser osservata, per timor della pena temporale, non perche oblighi in conscienza, di modo che, chi li legge, o tienne in secreto, non habbia colpa appò Dio. Questa è opinione falsa, e perversa, e contraria alla dottrina Christiana. San Paolo, con precetti, e chiare parole dice, che ogn'uno è obligato ad ubbidire alla Potestà temporale, non solo per la pena, mà anco per conscienza. All'hora, quando alcuno commanda cosa non havendo autorità dà Dio, chi non l'ubbidisce non offende sua Divina Maestà, mà disubidendo in ciò di che l'autorità vien da Dio, egli stesso vien disubidito, ed offeso. Se il Prelato Ecclesiastico commanda, nelle cose temporali, perche in quelle non hà autorità dà Dio, non è peccato il disubidirlo. Se nelle spirituali, delle quali Christo li hà commesso il ministerio, dicendo egli stesso, Chi non vi ubidisce, è disubidiente à me, non ubidendolo si fà peccato. Afferma San Paolo, più volte allegato, mà non mai à bastanza, che Dio hà dato la cura al Prencipe della tranquillità, e quiete, della pietà, e dell'honestà; e se per questi rispetti il Prencipe prohibirà un libro per sedizioso, un altro per empio, un altro per dishonesto, non si può dire senza contradire à San Paolo, ch'ogn'uno non sia obligato ad ubbidir in conscienza.


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Discorso dell'origine forma leggi ed uso dell'Ufficio dell'Inquisizione di Venezia
di Paolo Sarpi
pagine 128

   





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