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      L'Ambasciator, udito questo, replicò, Che il Rè temendo li mali che soprastanno per questa controversia, non per interesse proprio, mà per rispetto della Rep. haveva deliberato interporsi, & a Roma ha fatto li ufficii che conveniva; però sarebbe stato anco conveniente, che il Senato havesse confidato nel Rè, & dichiarato che cosa fosse quello, che sarà per fare, quando le censure fossero levate; il che haverebbe servito per indur il Papa a la revocatione del Monitorio. Hora intendendo, che il Senato non vuole uscir delle parole generali, ne confidar la mente sua col Rè, egli si ritirerà, & non darà più molestia, perche il Papa, (che è persuaso non haver fallato, & di esser retto dallo Spirito Santo, & che la rivocatione delle censure è con sua poca riputatione) non sarà mai possibile, che ci venga, se non mostrandoli qual cosa sia per ottenere, di sua dignità, & sodisfattione. Doppoi aggiunse Fresnes, che Alincourt trovava il Papa di natura fermo, & duro, & che bisogna essere grand'Oratore, a persuaderlo, & se alcuna volta, vinto dalla ragione, cede, torna però a l'istesso: & quando è convinto, dice, che vi penserà, mà il pensare poi è lo star fermo; perilche se altro non si dice a lui, il Rè si ritirerà.
     
     
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      LIBRO TERZO.
     
     
      Mentre che queste cose si trattavano in Venetia & a Roma, & nelle Corti de' Prencipi, i Giesuiti non restavano di far ogni sinistro ufficio contra la Republica, fuori d'Italia, & dentro, nelle Città, dove si trovavano, seminando molte calunnie, così ne' ragionamenti privati, come nelle publiche predicationi, & nel dominio della Rep. con lettere a' loro adherenti, chiamavano anco i loro devoti alli confini, entravano essi nel Dominio travestiti, & sconosciuti, a fare sinistri ufficij, disseminarono di varie indulgenze a quelli, che osservavano l'Interdetto, & a chi persuadesse altri ad osservarlo, o prestasse qualche favore alla causa del Pont. scrissero lettere false, & le disseminarono per tutto, sotto nome della Rep. di Genova, a quella di Venetia, & ne seminarono anco in molti luoghi un'altra, scritta da un loro devoto, sotto nome della Città di Verona, alla Città di Brescia, le quali cose vedute dal Senato, fù commesso, che si formasse processo delle seditiose attioni loro, fatte così ultimamente in queste occasioni, come anco nelli tempi precedenti in diverse altre: Et quanto alle cose fatte in questa ultima occasione, si giustificò abondantemente, che nelle Prediche havevano invehito contra la Republica, chiamandola heretica, Lutherana, tirannico governo, abominevole, & con innumerabili altri tali epiteti, & questo nelle Città di Ferrara, Bologna, Parma, Mantova, in Bari, Palermo, & altri luoghi: che per opere, & suggestioni loro, furono tutti i mali incontri avvenuti in Spagna, & in Boemia a gli Ambasciatori della Republica, & che in Francia, & in Polonia hanno tentato di farle ogni ingiuria, sino in Inghilterra con li Catolici di quel Regno hanno fatto ogni sinistro ufficio, sino riprendendo, che la Republica tenesse Ambasciatore appresso quella Maestà, & di quella, in Venetia, con dire per iscusa de gl'altri Prencipi, che i loro interessi lo comportavano, mà non milita l'istesso nella Republica, che fecero sinistri ufficij con li Prencipi d'Italia, acciò non permettessero che la Republica assoldasse nello Stato loro; & non essendo lor' successo questo, andarono per i villagi detestando il Nome Veneto, & minacciando arrabiatamente, chi fosse andato alla guerra: Le seditioni, che si trovarono eccitate da loro nel dominio con lettere, con instruttioni, con trattationi a bocca, tenute con li sudditi, che per qualche accidente andavano nelle Città, dove essi erano, & alli confini dello Stato, con li devoti loro, chiamati là, furono innumerabili: Fù giustificato anco, che molti delli disturbi dati dal Pontefice in queste occasioni, hanno proceduto da instigatione loro, & da speranze dategli; che essi havessero parte nel governo della Republica, & che potevano metter divisione tra li Senatori.


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Historia particolare delle cose passate tra il Sommo Pontefice Paolo V e la Serenissima Repubblica di Venezia
di Paolo Sarpi
pagine 236

   





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