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      Quanto alle Scritture, Che la Republica havrebbe fatto, delle uscite a suo favore, quello, che il Papa havesse fatto delle sue. Quanto all'Ambasciatore, Che, levate le Censure, si sarebbe eletto & mandato à risieder secondo l'ordinario. Intorno a levar il Manifesto, Che parimente si sarebbe levato, dopo levato il Monitorio, che haveva dato occasione a quello. Et per conto della lettera scritta alli Rettori, & communità, Che molte lettere erano state scritte secondo l'essigenza delli negotij, mà quelle erano secrete, & non conveniva, che alcuno volesse porre Legge al Prencipe di quello, che debba scrivere a' suoi ministri, & sudditi: quella che era andata attorno non era vera, & però non conveniva tenerne alcun conto, non essendo dignità d'un Prencipe trattar di scritture false. Intorno alli Giesuiti, che il trattar di loro era metter tutto l'accordato in disordine; perche al sicuro la mente del Senato, era che fossero esclusi.
      Per l'altra parte, il Cardinale dicendo haver commissione dal Rè, di conservar in essenza la libertà della Republica, & in apparenza la dignità del Papa; persuadeva à ricever una benedittione, non per assolutione, mà come la benedittione ordinaria, che il Papa manda. Per conto delle scritture, & delli scrittori, diceva, non voler conceder cosa alcuna a favore della Republica, per esser, (diceva egli) materia dell'Inquisitione, dove manco il Papa può metter mano. Proponeva ancora, che si mandasse non uno, mà due Ambasciatori, atteso che la gratia fatta dal Papa meritava un ringratiamento singolare.


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Historia particolare delle cose passate tra il Sommo Pontefice Paolo V e la Serenissima Repubblica di Venezia
di Paolo Sarpi
pagine 236

   





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