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      Di tali epoche un certo numero (e si ha ragione di credere il maggior numero) è stato senza dubbio il risultato di vera osservazione. Le rimanenti è probabile sieno state dedotte dalle osservazioni vicine mediante una cognizione approssimata degli intervalli di tempo che si supponeva dovessero trascorrere in ciascun caso. Ma non vi è alcun modo di distinguere a priori le epoche osservate dalle epoche dedotte, ad eccezione di pochissimi casi. Questa circostanza complica di molto le nostre ricerche e diminuisce anche un poco il grado di fiducia che si potrebbe avere nei risultati: non perciò avremmo diritto di accusar quegli astronomi di falso, giudicando cose antiche con criteri moderni. Lo scopo di quei lavori non era di appagare una curiosità scientifica, ma di arrivare a predire l'avvenire per mezzo dei fenomeni celesti, e nulla poteva importar loro che le epoche di essi fenomeni si scoprissero coll'immediata osservazione o si deducessero da altri fenomeni per via di calcolo. L'astrologia posteriore, più perfetta si appoggiava intieramente a posizioni calcolate: a Babilonia non si era arrivati a tal punto, e gli astrologi erano ancora costretti a far parziale assegnamento sulla diretta osservazione di ciò che avviene in cielo.
      Anche le date del documento C, come quelle di A e di B, sono tutte espresse in mesi e giorni, senza alcuna indicazione d'anno. Da queste date dunque nessuna diretta indicazione si ottiene per stabilire in modo assoluto (cioè rispetto ad un'era conosciuta) gli anni a cui quelle osservazioni di Venere si riferiscono.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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