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      Tuttavia la continuità della serie può dare il modo di stabilire con una certa approssimazione le date relative di quei fenomeni, cioè gl'intervalli di tempo trascorsi fra due di essi. Assegnando il numero 1 all'anno in cui furono fatte le due osservazioni contenute nella sezione I, e continuando da esso la numerazione degli anni, si può formare una scala fittizia dei tempi e fissare in essa le date osservate. I numeri degli anni così determinati vennero da me inscritti nella tabella III: sono i numeri compresi fra parentesi, che stanno a sinistra di ciascuna data. Di questi anni alcuni sono direttamente indicati come intercalari: tali gli anni 11° e 19° per i quali si ha il mese VI2, cioè Ulûlu II. Dalla combinazione di altre date è facile riconoscere inoltre che devono pure esser stati intercalari gli anni 9°, 14°, 17°. È inoltre probabile che siano stati intercalari gli anni 1°, 3° e 6°; ma le gravi lacune nelle prime linee della tabella III non permettono di farne verificazione. Una sicura numerazione degli anni e dei mesi non si può avere che dal principio dell'anno 7° alla fine del 21°. Ed anche in questo intervallo la numerazione progressiva dei giorni sarà sempre incerta di una o due unità, non essendo a noi nota la distribuzione dei mesi pieni e dei mesi cavi nel calendario babilonese di quell'epoca.
      In queste incertezze io non ho saputo fare di meglio che supporre tutte le durate dei mesi uguali fra di loro ed uguali alla durata della lunazione media, 29,5306 giorni.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





Ulûlu II