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      Adottando la definizione 1 kaspu = 1° abbiamo dall'ultima linea del nostro testo che i babilonesi avevano stimato di 20° l'arco di retrogradazione di Marte. Questo arco, allora come adesso, era variabile da un'opposizione all'altra e compreso fra i limiti da 12° a 20°, col valore medio di 16°27. Come si vede, l'approssimazione è sufficiente per un dato che dagli osservatori babilonesi veniva espresso in decine intere di gradi.
      IV.
      Un altro risultato della presente ricerca è il seguente: il testo qui sopra esaminato pone fuori d'ogni incertezza l'identità del pianeta Marte con quello designato dai babilonesi coi quattro caratteri che noi leggiamo NI BAT A NU. Sopra tutto quel testo indica indubbiamente che il momento del massimo splendore di NI BAT A NU doveva coincidere con l'epoca della retrogradazione. Ciò esclude senz'altro che quel nome potesse designare uno dei due pianeti inferiori Mercurio o Venere, i quali nella retrogradazione non solo non presentano il massimo splendore, ma mandano luce debolissima quando si perdono nel crepuscolo solare. NI BAT A NU non potrebbe neppure esser identificato con Giove, le cui variazioni di splendore non sono abbastanza grandi per esser riconosciute da un osservatore sprovvisto di fotometro. Lo stesso dicasi di quella variazione di splendore di Saturno che dipende dall'illuminazione del suo globo e segue il periodo della rivoluzione sinodica. Quanto alla variazione dipendente dalla diversa posizione dell'anello, essa sarebbe per se certamente notabilissima; ma la lentezza del suo periodo (anni 14 3/4) e l'andar confusa per l'occhio nudo colla variazione dovuta al globo, rende impossibile che se ne avvegga chi non disponga di strumenti.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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