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      Queste lacune, producendosi in modo irregolare e differente da un ciclo all'altro, dovevano rendere irreconoscibile affatto quanto vi è di periodico in simili fenomeni. Ancora è da notare, che non essendo il ciclo composto di un numero intiero di giorni (sono giorni 6585 e 8 ore circa), se nel primo ciclo un'eclisse si produceva stando la Luna sull'orizzonte, nel secondo ciclo vi era grande probabilità che l'eclisse corrispondente riuscisse invisibile per trovarsi la Luna sotto l'orizzonte; ed inversamente, che fossero vedute nel secondo ciclo gran parte delle eclissi non vedute nel primo. Noi sappiamo del resto, che i Babilonesi conobbero, oltre al ciclo di 223 lune, anche l'altro assai più perfetto di 669 lune (19756 giorni circa); ma le menzioni che se ne trovano non oltrepassano il II od il III secolo prima dell'êra volgare. Ed in quel tempo era facile dedurre questi cicli dal semplice confronto dei movimenti medi del Sole, della Luna, e del nodo lunare, allora già bene conosciuti così dai Babilonesi, come dai Greci. Ma all'epoca dei Sargonidi si era ancora ben lontani da ciò. Allora i Babilonesi non erano ancora giunti (come facilmente si può dimostrare) a scoprire il ciclo Metonico di 19 anni, che sarebbe stato loro così utile per ordinare il calendario, ed era molto più facile a trovare che il ciclo di 223 lune.
      Il problema della previsione delle eclissi lunari era in realtà risolubile con mezzi assai più semplici. Ogni eclisse lunare non sta per sè isolata, ma appartiene ad una serie di eclissi, che si producono ad intervalli uguali.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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