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      I LXX dunque traducono chadrê theman per taµe?a ??t??; che è quanto dire i serbatoi o magazzini del vento australe. Per intender bene il significato di questa versione è da notare, che nella cosmologia ebraica i venti supponevansi uscire da certi serbatoi collocati alla base della vôlta celeste tutt'intorno. Tali serbatoi si trovano designati col nome di otsaroth (latinamente thesauri) in diversi luoghi dell'Antico Testamento72. Ed appena si può dubitare che presso i LXX il traduttore nello scrivere taµe?a non abbia avuto presente al pensiero i tesori dei venti a cui si fa allusione nel Salmo CXXXIV. L'interpretazione dunque non manca di un certo fondamento; essa è stata adottata dal Gesenius, che spiega chadrê theman per promptuaria venti australis, in modum speluncarum Aeoli73. Però valgono contro di essa le ragioni già esposte a proposito d'un'altra opinione; e specialmente vale questa, che i serbatoi dell'Austro non sembrano offrire una corrispondenza soddisfacente colle tre costellazioni nominate prima nel medesimo versetto, ed inducono in esso una eterogeneità che in qualche modo delude l'aspettazione del lettore.
      V.
      Passando ora alle versioni fondate sull'ipotesi che si debba interpretare la parola chadrê nel senso traslato di parti interne, a capo di esse senza dubbio porremo quella della Vulgata; la quale col suo interiora Austri riproduce fedelissimamente non solo la forma dell'originale, ma perfino la sua stessa indeterminatezza, e al pari di esso lascia al lettore d'immaginare per suo conto una più tangibile spiegazione.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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