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      Noi vediamo qui un tentativo di adattare i simboli venerati dall'antichità alle nozioni astronomiche positive, per le quali era già bene stabilito che, compresi il Sole e la Luna, sette e non più erano i corpi divini, interpreti del destino e base di tutta la posteriore astrologia. Luna, Sole e Venere essendo già rappresentati sul monumento quali membri della gran triade, quattro dischi bastavano a rappresentare i rimanenti pianeti, Saturno, Giove, Marte e Mercurio. Il numero di quattro stelle minori, invece di sette, si può considerare come una prova che i piccoli dischi in tutti questi monumenti rappresentano veramente i pianeti minori, e nulla hanno che fare colle Plejadi e colle Hyadi.
      Noi possiamo concludere col prof. Stern, che le rappresentazioni astronomiche assiro-babilonesi danno una chiara e semplice illustrazione del passo IV Regum XXIII, 5, dove si parla di quelli che facevano profumi "a Baal, al Sole, alla Luna, a Mazzaloth e a tutto l'esercito del cielo". Soltanto intendiamo la cosa in un modo alquanto differente: anzitutto perchè non le Hyadi, ma i pianeti crediamo figurati nelle sette stelle; in secondo luogo perchè sembra necessario distinguere fra le diverse classi di monumenti. La prima forma di queste rappresentazioni, che si trova nei cilindri babilonesi più antichi (od imitati dai più antichi) corrisponde a quello stato rudimentale dell'astronomia planetaria in cui Venere e Mercurio figuravano ciascuno per due pianeti; essa non contiene che il Sole, la Luna e i sette pianeti minori.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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